Giovani fuochi baltici

Caro Giotto,

da Napoli Nord-Est voglio ‘passare’ a Nord Est dell’Europa per ritornare con te a Vilnius, capitale della Lituania che ho lasciato da appena qualche giorno e che arrivando ho trovato in festa per San Casimiro, il suo santo patrono. Una festa che cade che è ancora inverno e coinvolge tutte le strade della città allestite per la fiera più importante dell’anno, tra il candore della neve e le tante braci accese, che ti sembrano celebrare il fuoco e la forza impetuosa di combattere il freddo. Mentre sei in giro per la fiera, coperto più che puoi, scopri che non basta il fuoco acceso né tante braci ad ardere per sciogliere la neve che ricopre la città e dileguare l’inverno.

fuoco vilnius 1

 

Ma il senso della festa prevale, insieme a quello del fuoco acceso che ne scandisce il tempo e l’intensità, fino a sera: fino al fiume Vilnia, passato il quale arrivi nella libera Repubblica di Uzupio. Si, caro Giotto, la città di Vilnius ha un suo quartiere ‘oltre il fiume’ che si è dato un’autonomia come forma di rivolta contro ogni forma di oppressione, violenza e autorità. È il quartiere degli artisti, potremmo dire, ma per la gente di Vilnius è qualcosa di più: dalla pratica artistica viene l’esercizio di una pratica sociale e civica che afferma diritti fondamentali della persona, degli animali, della natura. La Repubblica di Uzupio, che coincide con un antico quartiere di artigiani dove forte era sentita l’oppressione sovietica, è l’esempio di una rinascita attraverso la ‘meraviglia’: come quella che può generare un pianoforte lasciato lunga la riva del fiume perché possa sempre essere suonato.

piano Vilnius

Questa parte della città parla al resto di Vilnius, come quel pianoforte in attesa o quell’installazione di panni stesi tra una riva e l’altra del fiume, o i murales e le illuminazioni: la Repubblica di Uzupio è come un ‘giacimento’ che nutre la città e le dà grande effervescenza e ricchezza culturale. Questo mi sembra evidente, ora che ci torno col pensiero e che vorrei tornarci con te, caro Giotto. Perché basta ritornare al di là del fiume per sentire quanto stretto sia il legame di tutta la città con l’arte, e quindi non solo del suo quartiere ‘artistico’.

D’altronde questa città ha uno stretto legame con i poeti, come Romain Cracew (noto come Roman Gary) e Adam Mickiewicz di cui troviamo in città le statue celebrative. Una città ricca dei poeti che vi sono nati o che lì sono vissuti, dai cui versi impariamo un nuovo modo di ‘fare geografia’ e di ‘legarsi al territorio’: come nei Sonetti di Crimea di Mickiewicz dove il polacco è la lingua scelta per unire mondo occidentale con quello orientale, vivacità della natura con la ‘rovina’ o l’abbandono dell’uomo, la nostalgia per la Lituania come luogo dell’anima con l’incanto per il paesaggio marino e altre distese di verde nelle quali lo sguardo indugia, romanticamente. Tutte tinte forti che si fondono nel candore niveo e nei bagliori dei fuochi ardenti come fossero l’anima, l’anima baltica, di una poetica che attraversa e nutre la città.

Sulle tracce di questa poetica, partendo dalla statua a Mickiewicz nei pressi della Chiesa di Sant’Anna, ti invito a seguirmi Giotto, a superare un cortile di un’ex attività industriale per addentrarci nella corte che vi si apre per scoprire cosa vi è nato da poco tempo a questa parte e cosa vi sta crescendo.

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Al centro del continente europeo, nel centro della capitale lituana, c’è una vecchia fabbrica tipografica risalente al 1585, uno spazio abbandonato e poi recuperato e attivo dal 5 maggio 2009 per ospitare The Arts Printing House – Menus Paustuve è il nome lituano – grazie alla città di Vilnius che ne ha fatto una istituzione pubblica “per rinnovare la cultura della Lituania attraverso la cultura” e “coltivare una società creativa”. Un luogo che ha ritrovato la sua vocazione produttiva come progetto forte per supportare la scena artistica e culturale, non solo locale, e sviluppare una propria poetica, una propria drammaturgia, una proposta da condividere con un pubblico e con altri artisti, altre competenze, altre visioni.

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Spazi laboratorio che diventano sale per performance, camerini che somigliano ad atelier di moda, biblioteche e archivi che invitano alla ricerca e allo studio, spazi di lavoro per residenza d’artisti e artisti residenti che partono da qui per fare esperienza e poi tentare altre scene. Uno spazio vivo ed accogliente, come tutta la città d’altronde, dove l’uso dei murales segnala quanto ci sia ancora da completare del processo di rigenerazione dell’intera area cui si è messo mano già da qualche anno. E dove in una delle tante serate da programma, arrivi per vedere lo spettacolo e trovi il tutto esaurito e la sala piena di un pubblico di tutti giovani. Come giovane l’artista che si esibisce e giovane il personale che ti accoglie, Giotto, e ti fa visitare la struttura anche se non era previsto e ti racconta di come sia facile essere ospitati, attivare una collaborazione, costruire progetti comuni. Un esempio di istituzione culturale che ha scelto la strada dell’arte e della cultura per rinnovare un contesto ma che probabilmente, molto più che in altri casi e in altre realtà, è riuscita a “coltivare” creatività e motivazione in quelli che nel progetto sono coinvolti quotidianamente. Un buon esempio di istituzione pubblica, dunque, Giotto, in quella parte d’Europa vivace come il fuoco che arde e prova a fare calda la notte baltica.