Geometrie danzanti

Caro Giotto,

mi sono rifugiata a Positano per poche ore, mescolandomi alla folla tra i vicoli e le piazze. Ci sono arrivata da mare dove ho fatto sosta all’isola dei Galli: splendida residenza in mezzo al mare, e scoglio e riparo, che fu di Rudolf Nureyev e prima ancora di Leonide Massine. Due danzatori. Due grandi artisti che hanno scelto questo piccolo pezzo di terra in mezzo al mare, sul finire della costiera sorrentina e l’inizio di quella amalfitana, come dimora d’eccezione, letteralmente isolata ma sempre mossa dal ritmo del vento e delle onde la cui natura mobile e cangiante tanto somiglia alla danza e all’inquieto sottrarsi dei corpi alle leggi della gravità.

i galli

Nel mezzo del mare, a ridosso dell’isola dei Galli, mi sono chiesta quanto la Natura sia materia con cui l’Arte lavora per produrre le sue opere. Massine e Nureyev, due grandi artisti e stelle della danza, dovevano saperlo se hanno preso casa in questo piccolo pezzo di mondo in mezzo al mare, tra i due Golfi. E da Positano, che il 1 settembre ha fatto da splendido scenario per la quarantaseiesima edizione di Positano Premia la Danza – Premio intitolato proprio a Léonide Massine – ti scrivo e idealmente traccio una linea che parte da qui, nei pressi della antica Villa romana del I secolo d.C, sepolta dalla cenere dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e sconosciuta fino a poco tempo fa e aperta in occasione del Premio. Una linea che prosegue quelle tracciate da Mimmo Paladino subito sopra la villa romana, nella piazza della Madonna dell’Assunta, ricche di una simbologia antica quanto senza tempo. Linee con poche curve e mai propriamente cerchi, se non deformi, mossi.

maria positano paladino paladino dettaglio positano

Dall’isola dei Galli e da Positano che premia la danza, idealmente insieme alla vicina Ravello con il suo Festival, traccio una linea in direzione delle Terme di Diocleziano a Roma dove a breve si inaugura la prima edizione del festival Ō, e proseguo verso l’Arsenale di Venezia e le scene della Biennale danza, per poi arrivare a Torino e più precisamente nei territori delle montagne alpine tra la Val di Susa e del Chisone dove si prepara la sezione Vertigine del prossimo TorinoDanza Festival.

I Galli, Positano, Ravello, Roma -Terme di Diocleziano, Venezia – Arsenale, Torino – Val di Susa e Val di Chisone, segnano un percorso dalla geometria irregolare che unisce luoghi differenti, tra Natura e Architettura, sedi di vecchie e nuove attività produttive. Un percorso, caro Giotto, fatto di luoghi speciali dove accadono altrettante cose speciali, che io attraverso solo idealmente seguendo il filo rosso che unisce questi luoghi grazie alla danza e al suo rapporto privilegiato con lo spazio, con quei luoghi tra Natura e Architettura che diventano territori di emergenza artistica e di ricerca aperti all’esperienza di un pubblico esteso. I festival infatti, si sa Giotto, sono speciali occasioni popolari per aprire ad un pubblico ampio, di professionisti esperti ma anche di amatori o di semplici curiosi, e farlo incontrare con quelle pratiche e con le produzioni generate dalla ricerca artistica. Una ricerca di cui poco si sa e poco si vede, se non grazie ai Festival e a queste occasioni di cui si fanno spesso partner strategici le Istituzioni del nostro Patrimonio di Beni Culturali. I Beni culturali che incontrano le attività artistiche e attivano insieme la possibilità di una politica culturale. I festival e i numerosi festival della danza dunque li intendo come una grande macchina organizzata per aggiornare il nostro gusto per il ‘balletto’, per fare esperienza attraverso il corpo del danzatore di altre possibilità del nostro stesso corpo di parlare, di scrivere e di farsi spazio. Esperienza mediata dal corpo dei danzatori che poi può generare la necessità di tornare a far danzare il corpo, senza che questo somigli alla preparazione per una carriera artistica, ma quella pratica in cui doniamo al corpo uno spazio di maggiore libertà perché libero di muoversi, anche secondo nuove grammatiche plastiche. Benvenuti dunque i Festival che attivano il corpo alla mobilità e che ‘accendono una luce’ e rendono visibili luoghi che non rientrano nelle mappe che percorriamo nel quotidiano. I Festival, quelli intelligenti, non durano il tempo di un festival, ma sono un progetto sempre in divenire che mette all’opera gli artisti più sensibili e perché chiede alla loro ricerca di produrre frutti per le comunità, per smuoverne resistenze o automatismi per superare limiti oltre i quali tornare ad abitare e a muoversi in alcuni spazi e luoghi resi teatro e territorio dalla sguardo e dal passo ritmico dell’artista. Si può parlare di ‘effetto festival’ e di ‘effetto danza’ per dire dei benefici prodotti e dei mutamenti sociali generati da singolari progetti artistici. Su questo sarebbe interessante, Giotto, poterci confrontare con i luminosi direttori artistici di questo o quel festival e sentire dalla loro viva voce il progetto e la ricerca che serbano nel loro tracciare di anno in anno, faticosamente immagino, programmi ed eventi. Mi riservo di farlo, Giotto, prossimamente magari iniziando da Laura Valente e Cristiano Leone, e di potertene raccontare.

logo festiva O     positano premia la danza

Intanto, in barca, in mezzo al mare, col corpo che diventa onda e moto ritmico come quello del mare, ti scrivo Giotto e immagino di raggiungere gli altri luoghi di questa ideale traiettoria segnata dalla danza contemporanea, dalle scene aperte alla danza contemporanea, e faccio parlare la distanza che mi separa da quei luoghi eppure il senso di appartenenza che provo nei confronti del mondo della danza, della danza contemporanea, nel quale sono entrata anche grazie a Lucia Latour e al gruppo di studio LabMutation di Altroequipe condiviso per anni, con cui abbiamo prodotto anche il workshop sistema roteanza antigravitazionale e pubblicato il volume e-Learning. Electric Extended Embodied. La danza anima la mia ricerca e certo per questo nel pieno ondoso di questa estate ricevo anche la nomina nel Comitato scientifico dell’Associazione Danzamovimentoterapia (APID). Il mondo della danza e i suoi rapporti con la ricerca in ambito pedagogico è da anni un ambito molto esteso nel quale mi muovo e studio e sperimento grazie ad un lavoro di equipe, transdisciplinare, che è diventato anche il programma di lavoro del gruppo di ricerca Embodied Education che ha trovato spazio, grazie a un accordo tra la mia cattedra all’Università Suor Orsola Benincasa e la Fondazione Morra, nella sede denominata Casa Morra a Napoli. Comprenderai dunque, Giotto, perché tra queste acque in prossimità dei Galli e delle tracce lasciate qui dai due maestri antigravitazionali, passato il Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia, passato il Festival di Ravello e poi il Premio Positano Premia la Danza e approssimandosi il Festival Ō alle imperiali Terme di Diocleziano di Roma e il TorinoDanza Festival, sento di avere già mancato e di mancare ad appuntamenti importanti che portano in scena e tracciano possibili altre geometrie e aprono ad altri gesti, altri codici, altra cinetica che può dire molto anche all’occhio che si è fatto distratto perché la ritmica danzante agisce attraverso la pelle, arriva a muoverti, come le onde del mare, e a condividere un ritmo che produce nuova esperienza mobile.

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COMMENTI RICEVUTI

Anna Greco:

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