Caro Giotto,
la Basilicata ha conosciuto il suo medioevo affrescato e turrito anche grazie ai tuoi allievi all’opera alla corte angioina nei cantieri napoletani, e di quel tempo conserva tracce nelle chiese di Oppido Lucano, Tricarico, Irsina, Ripacandida, Matera… In terra lucana allora voglio andare per osservare con te anche le ricchezze della costa ionica dove i coloni greci si insediarono e fondarono le loro città, attratti dalla fertilità del terreno irrigato dai due fiumi che attraversano la piana basentana e dai profumi dei suoi frutteti. A Metaponto, nel Comune di Bernalda, ti voglio portare; a respirare l’aria che attrasse pure Pitagora e il suo amore per la sapienza a insediarsi qui e a studiare con gli allievi della sua Scuola, gettando le basi della cultura occidentale: le basi matematiche e astronomiche, pure a te così care, caro Giotto, di un territorio che si nutre ancora oggi di quella scienza e guarda alle sue ricchezze naturali come base per un’economia sostenibile e intelligente. Il genio locale unito a quello straniero, ellenico e poi romano, ha il volto di molti imprenditori che nobilitano la terra e i suoi frutti – il grano, i limoni, le albicocche, i mandarini, le olive – con una continua e sapiente tensione all’innovazione.
Andiamo allora nei siti archeologici di Metaponto, a godere del potere seduttivo dei resti dei templi di Hera, Apollo Licio, Afrodite e Zeus, per lasciare che lo sguardo s’apra alla campagna tutt’intorno e se ne scorgano in lontananza i segni di una sapiente e geometrica arte che è anche del produrre, depositare, conservare, gestire, amministrare, distribuire. Segni lasciati dalle architetture dei granai, dei serbatoi, dei frantoi che fanno da presenze ‘torreggianti’ che guidano lo sguardo e parlano, ai più o ai più attenti, del grano, dell’acqua e dell’olio come l’oro di questa terra.
Mentre provo a raccogliere qualche documento visivo, mi chiedo se siano censite e tutelate queste architetture, se l’occhio le legga ancora come punti di riferimento di un sistema economico e produttivo territoriale che guarda a Matera 2019 come città-simbolo in cui far ‘quadrare’, come un unicum, il bello del paesaggio col ‘più bello’ pitagorico, cui sembra corrispondere l’architettura rurale e industriale, pur se abbandonata e confusa tra molti cattivi esempi di urbanizzazione.
Torno con te allora, Giotto, al volto di due imprenditori incontrati in questo viaggio ed esempio della sapiente operosità dei lucani: uno a Bernalda, nella vecchia vigna e casa di famiglia a coltivare uva e produrre vino biologico – il greco Matera doc delle cantine Mastrangelo – e l’altro a coltivare olivi, oltre che albicocche, e produrre olio, poco distante, a Rotondella. A Rotondella vado con te, Giotto, al frantoio-oleificio Trisaia per farti gustare il silenzio dell’uliveto tutt’intorno e degli impianti oleari, ora a riposo per via della stagione.
È lì, tra le macchine, i serbatoi e le cisterne, che mi riappare la geometria delle Tavole pitagoriche, il loro ritmico segnare uno spazio sacro tramutato poi in meccanica automatica e robotica dell’innovativo processo produttivo che qui segue quest’olio.
La Scuola di Pitagora e dei Pitagorici, la loro tradizione eminentemente orale, gli edifici che ne hanno ospitato e accolto i versi aurei, la cultura scientifica e cosmologica che si è unita a quella agricola e contadina con le loro architetture funzionali all’economia rurale: sono i punti cardine di una geografia la cui mappa è incompleta rispetto al ricco potenziale di cui il territorio è carico. Torno così col pensiero ai vecchi granai, alle cisterne, ai serbatoi, che segnano il paesaggio lucano e hanno richiamato il mio sguardo perché potesse riconoscere nella forma primitiva della ‘torre’ il segno che consente di misurare e quindi di conoscere un territorio che ha una sua verticalità e diversi punti di vista e di avvistamento possibili.